giovedì 15 ottobre 2009

NAPOLI, NUOVA SENTENZA


La Corte costituzionale emette una nuova sentenza contro il Presidente del Consiglio.

E così non ha funzionato. Il 7 ottobre la Corte costituzionale italiana ha rigettato l’ultimo tentativo di Silvio Berlusconi di porsi al di sopra della legge. Nove magistrati, contro sei sfavorevoli, hanno decretato che una legge sull’immunità passata l’anno scorso è incostituzionale. Questa avrebbe protetto da qualsiasi procedimento legale non solo il Premier ma anche il Presidente della Repubblica e i presidenti delle due camere del Parlamento. I magistrati hanno decretato che un tale passo richiederebbe una riforma costituzionale, non soltanto una mera legge. Una precedente legge sull’immunità era stata rigettata dalla stessa Corte nel 2004.
Il Presidente del Consiglio ha per lungo tempo dichiarato di essere vittima di una trama ordita dai membri della sinistra facenti parte della magistratura. In base a questo copione, la legge sull’immunità gli sarebbe stata necessaria per proteggersi dai nemici che avrebbero altrimenti potuto sovvertire la volontà dell’elettorato. Per dirla con le parole del Ministro della Difesa, Ignazio la Russa, il rifiuto della legge sarebbe “una decisione politica, più che giuridica”. La corte costituzionale si è aggiunta alla lunga lista di istituzioni italiane sovversive nei confronti di Berlusconi. È stato un “corpo politico”, ha dichiarato, con 11 membri della sinistra a farne parte. Alcuni dei suoi collaboratori hanno consigliato di rispondere al colpo convocando elezioni immediate. Ma Berlusconi è sembrato poco propenso a farlo, e ha affermato che il suo governo “andrà avanti senza preoccupazioni”.
Nonostante i suoi problemi con la legge, Berlusconi ha governato l’Italia per due anni dopo che la precedente legge sull’immunità era stata rigettata. Questa volta si trova di fronte a due processi, nessuno dei quali potrebbe fare di più che imbarazzarlo. In uno, è accusato di corruzione. Il suo legale David Mills, un avvocato britannico, è stato accusato di aver accettato una tangente che la corte ha sentenziato provenire da Berlusconi. Ma da quando tutte le accuse sono cadute dopo che la legge sull’immunità è passata, l’accusa dovrà ricominciare tutto daccapo. Prima che si raggiunga un verdetto, il presunto reato cadrà in prescrizione. In un secondo processo, per evasione fiscale, le procedure erano state sospese e possono essere riesumate immediatamente.
Tutto questo rappresenterà una sconfitta in una fase in cui il governo sta mettendo nella morsa evasori fiscali e sta offrendo un’amnistia per riportare in patria i capitali. Ma, di nuovo, le procedure verranno probabilmente abbandonate prima che l’intera procedura, che include ben tre processi, faccia il suo corso. La maggiore minaccia per Silvio Berlusconi potrebbe essere rappresentata da un’inchiesta collegata che presumeva un’evasione fiscale, risalente al 2005.
La decisione della Corte aggraverà i recenti problemi di Berlusconi, politicamente molto più debole di quanto non fosse pochi mesi fa. Il Premier è infatti una figura centrale, sebbene non inquisito, in un’indagine della procura di Bari su un caso di prostituzione e traffico di droga. Il maggiore sospettato, un uomo d’affari locale, è sotto inchiesta per aver fornito circa 30 donne per festini orgenizzati presso la residenza del Presidente del Consiglio, dove alcune sarebbero trascorso anche la notte e sarebbero state pagate per farlo. Berlusconi nega di essere a conoscenza del fatto che fossero state pagate.
Il 3 Ottobre un giudice di Milano ha decretato che il gruppo Fininvest di Berlusconi deve pagare danni per 750 milioni di euro per aver corrotto un giudice al fine di avere il controllo, nel 1991, della Mondadori, la casa editrice più importante in Italia. L’avvocato della Fininvest, Cesare Previti, è stato condannato due anni fa per aver tentato di comprare un verdetto favorevole. Il giudice che ha quantificato i danni ha dichiarato che Berlusconi era altrettanto responsabile per tale corruzione.
Per i detrattori di Berlusconi questo è stato un puntuale avvertimento di cosa è in gioco al momento, nonché un promemoria per ricordare che il Presidente del Consiglio italiano è un imprenditore miliardario finito sotto processo una dozzina di volte. In molti casi, l’unica ragione grazie alla quale è riuscito a sfuggire alla condanna è stata un’amnistia o una modifica alla legge sulla prescrizione sponsorizzata dal suo stesso governo. Per i sostenitori del Premier, tuttavia, la sentenza è un’ulteriore prova che egli è vittima di una trama condotta dai suoi nemici e da “magistrati rossi”. La beneficiaria della sentenza è una compagnia controllata da Carlo De Benedetti, il cui gruppo mediatico, L’Espresso, ha condotto indagini nella vita privata del Presidente del Consiglio.

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